Sì, prende questo passo, ed è in grado di ripeterlo
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all’infinito,
neanche fosse un’abitudine accumulare materiali
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utili,
poi valutare dove collocarli,
esser costretto a fermarsi da una risposta che non
[
arriva
e non arriverà mai,
quindi raccogliere le prime due tavole,
portarle dove immagina l’aeroporto,
anche quando intorno piove,
anche se è domenica.Sì, domenica.
Delicatisimo è un regista che – tra primi piani del protagonista e campi lunghi sui suoi pensieri – delinea il passaggio da un’età a un’altra. O da un’epoca a un’altra. Si va spegnendo il tempo delle dimostrazioni, delle sollecitazioni figlie di una oramai antica new economy, si aprono invece domeniche di convalescenza, quando l’unica attività possibile è quella di far ordine tra progetti da buttare e uno spazio da riallestire. Ironizza l’autore – o almeno vorrebbe – sui suoi bilanci di mezza età, sul lavoro che non si sa più a cosa serva e sui seimila anni di storia che ci portiamo sulle spalle. Come in una commedia di Allen o un western rivisitato da Leone. Un romanzo essenziale, senza fatti, il primo libro di una nuova stagione, un voltar pagina rispetto a tutta la produzione precedente. Forse, di quella, ne resta solo il tono.
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